Dei casi e dei massacri

Serata particolare, troppi deja-vu che ho visto e troppi che non voglio vedere. Per adesso.
Ho già capito, questa notte non si dorme. Si fuma, si scrive e si pensa e si fuma ancora, si fuma sempre, ma non si dorme.
Apro qui, e trovo notifiche su un vecchio post che mi ero addirittura dimenticata che esistesse. Sarà un caso che proprio in questa serata sia ricicciato fuori questo vecchio sproloquio?! Sì, è un caso.
15 Aprile 2016, scrivo alla me del futuro (presumibilmente alla me di oggi o di domani) un consiglio “Memento”.
26 Febbraio 2021 mi rendo conto che la mia memoria fa schifo.
Mi volevo ricordare di non aver paura di disturbare, di chiedere aiuto e parlare, di non tenermi tutto dentro. Da ciò ho evinto che i casi sono due, o ho un principio di Alzhaimer non riconosciuto oppure non capisco un cazzo. Propendo per la seconda ipotesi.
La memoria è una buona cosa, se arrivasse con tempismo sarebbe ancora meglio. Ma si sa che poi le cose vengono in mente dopo a discussioni concluse.
In quel 15 Aprile 2016, parlavo di come stessi per fare il malaugurato “crack” quello che non ci si augura, raccontavo di quel vecchio Cuore (rinominato Veleno successivamente), che “poverino” era stanco e stressato e lo vedevo strano e nervoso, che spariva dai radar per “rilassarsi”, e quindi io lo lasciavo stare e non gli raccontavo come stessi io per non gravarlo ancora di più, “poverino”. Con il senno di poi, compendiando ora con nozioni apprese nel tempo, il “poverino” era sì nervoso e stressato e mi trattava male non per chissà quale nobile motivo, ma perché “poverino” tenere il piede in due scarpe stava diventando pesante.
Tutto questo l’avrei scoperto da li a meno di quindici giorni, sgamandolo in pieno in una conversazione privata di stampo erotico intervenuta su Messenger con quella che sarebbe dovuta essere una mia amica/conoscente.
Morale della favola, cacciata di casa e fatta licenziare in modo da potermi rispedire in terra natia, con la certezza che non avessi più niente a cui attaccarmi per potere rimanere nella grande metropoli. Per sicurezza, putacaso avessi trovato ristoro da qualche amica, era stato addirittura prenotato il camion per il servizio traslochi in modo che potesse avere campo libero. E’ costato oltre € 600, sborsati con grande gioia.
Testuali parole “se so che sei in giro mi sento bloccato nell’esprimermi”.
Che presenza ingombrante devo essere stata perché la mia sola esistenza in un metropoli di quasi un milione di abitanti stava tarpando le velleità da stallone che ahimè io non ho mai conosciuto.
Oltre un mese chiusa in quella casa a sentirmi di troppo in attesa che i traslocatori portassero via anche me, oltre a 10 anni di vita.
Quel mese non me lo ricordo.
Mi sono chiesta tante volte perché non me ne sia andata prima, perché abbia aspettato. Non lo so ancora oggi perché mi sono voluta così male.
Le prime settimane dopo il rientro in terra natia non me le ricordo lucidamente, ho rimosso. Chi c’era mi ha riferito che sembravo matta, rincoglionita e che facevo discorsi insensati. Io non mi ricordo, ma ci credo.
Una manciata di mesi dopo mi sono ritrovata in casa un uomo in lacrime che mi supplicava di perdonarlo e di tornare. Che era stata solo la crisi dei quarant’anni ad averlo investito in pieno. Non potendolo investire con la macchina ho optato per investire con le parole, credo di aver parlato ininterrottamente per otto ore.
Acida, sono acida quando parlo di queste cose. Mi arrogo il diritto di esserlo.
Che pappardella tutto questo racconto, finalizzato a ricordarmi che non mi ricordo mai di un cazzo.
Ricordo le cose stupide, ma le cose importanti mai.
Dovrei ricordarmi di perdere quell’aplomb signorile che mantengo per non tirare su questioni.
Dovrei ricordarmi che il soprannome “Diplomazia” va bene sul lavoro, non nelle questioni personali (o quanto meno non sempre).
Dovrei ricordarmi che non devo farmi far su da chi è bravo a rigirare la frittata.
Dovrei ricordarmi che anche dove non c’è malizia ma c’è un segreto non vuol dire che vada bene.
Dovrei ricordarmi di ricordare al momento giusto, perché a volere sempre uscire dalle discussioni come la persona più calma e posata del mondo non mi porterà da nessuna parte. Non vedo trofei e medaglie esposte in casa.
Dovrei ricordarmi che nella vita serve incazzarsi, e pure tanto se il caso lo richiede.
Dovrei ricordarmi che i lockdown, le separazioni forzate non sono una scusa accettabile per la poca trasparenza.
Dovrei ricordarmi di centellinare la fiducia, che quando si crepa poi è un casino.
Dovrei ricordarmi di fumare un po’ meno, ma stanotte va così.
Dovrei ricordarmi che evitare un conflitto non vuol dire evitare un massacro.